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RICOMINCIO DA TRE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 10 settembre 1981
 
di Massimo Troisi, con M.T., Lello Arena, Fiorenza Marchegiani (Italia, 1981)
 
Sulle condizioni del cinema continuano a chinarsi in tanti. Per cui vi risparmio la mia diagnosi, sicuramente non originale, e la mia cura, altrettanto sicuramente discutibile. Gli argomenti, a prescindere dal titolo affibbiato alle dissertazioni (l'ultima, in Italia, verteva su un neologismo, quello del "film-spazzatura"), si riferiscono con monotonia esasperante alle solite cose: televisione, proliferazione di consumi, motorizzazione, delinquenza notturna, videocassette o dischi, sale multiprogrammate, eccetera.

Per sapere come sta il cinema, se ne avete abbastanza di quel genere di analisi, vi basta un'occhiata ai programmi delle sale. Siamo all'inizio di quella che si continua a definire con sussiego la stagione cinematografica. Un momento, insomma, nel quale si ripongono i saldi per riempire le vetrine di quanto di meglio offre la ditta. Guardate a Lugano, oggi sette settembre: un James Bond, un Clint Eastwood definito scarica di pugni e di risate; poi, LA LEZIONE DEL ROCK 6 ROLL; due riprese più che dignitose ma un po' sperse, MOLIERE della Mnouchkine e il vecchio MY FAIR LADY di Cukor; SOLDATO GIULIA AGLI ORDINI, un De Funes, LA ZIZANIE; e, naturaimente, un CUISSE ENTR'OUVERTES. Chi va al cinema, vien quasi da aggiungere ormai, chi vede questa roba, è un problema che lascio, se non a voi, agli istituti che fanno sondaggi d'opinione e a coloro che col cinema devono fare i conti. Detto questo, a parte l'episodio STALKER del quale abbiamo scritto una settimana fa, il meglio in circolazione, e di gran lunga, tanto da meritarsi forse una terza stelletta, è proprio il film al quale il pubblico ha decretato, in Italia, la scorsa stagione, un successo di proporzioni clamorose. Ma RICOMINCIO DA TRE, 500 milioni di costo e dieci miliardi di ricavo, non è il Celentano di turno, la rivelazione,come ha detto qualcuno di un nuovo talento comico, punto e basta. È innanzitutto, per l'intelligenza e la genuinità con la quale esamina un aspetto della condizione del meridionale, la continuazione di una cultura e di una tradizione napoletana dello spettacolo. Non solo: quando Troisi fa dire al suo eroe "non emigro, viaggio" o quando, come nel bellissimo finale del film, fa accettare al giovane meridionale, con divertita e commossa violenza, una situazione estrema (la paternità di un figlio forse non suo), fa opera di riflessione su uno dei grandi temi italiani, l'incontro fra il Sud ed il Nord. E lo fa in modo acuto quanto divertente, con l'arma della satira che gli apre innanzi una platea vastissima. Chi ha voluto liquidare il fenomeno Troisi in quattro righe, dicendo che filmava in modo qualunque dei monologhi divertenti, arrischia di sbagliarsi. Così come si sbagliavano coloro che liquidavano il Woody Allen prima maniera asserendo che parlava troppo e metteva in scena male. Il dialogo di Troisi, un po' come in Allen, tende nella sua esasperante continuità a costituire la base strutturale del film. Assicura la continuità, il ritmo, le relazioni sulle quali si organizza il tutto.

Si è detto anche che il parlato del film, già incomprensibile al cinquanta per cento agli italiani del Nord, avrebbe reso RICOMCIO DA TRE impresentabile all'estero. La proiezione a Locarno, davanti cioè ad una platea pluriforme, è stata una smentita clamorosa: proprio perché i dialoghi di Troisi si sviluppano in modo assai meno casuale di quello che può apparire a prima vista, anche dei tedeschi o degli inglesi, aiutati da un minimo di sottotitolatura che aiutava lo spettatore alla comprensione, seguivano perfettamente il senso delle situazioni e del discorso dell'autore. C'è tutto un metodo da scoprire nel linguaggio di Troisi, che rende tra l'altro il film estremamente godibile anche ad una seconda o terza visione. Un modo di accennare al pensiero, poi di fingere di abbandonarlo, quasi scoraggiati dalla sua ovvietà; poi di riprenderlo, al contrario. Più con la mimica o con delle intonazioni che, anche se forse volutamente incomprensibili, sono ormai chiarissime allo spettatore poiché inserite in una logica, in una progressione evidente.

Non lasciatevi quindi spaventare dal successo del film: andate a vederlo e a rivederlo...


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